LA RIVISTA “LETTURE” – BREVE STORIA DI UN FONDO
La rivista “Letture” [1]
La notte del 16 aprile 1943 un bombardamento alleato sul centro di Milano distrusse la Questura e danneggiò gravemente la chiesa di San Fedele. L’anno seguente un altro bombardamento distrusse anche la chiesa del collegio Leone XIII. I Gesuiti chiesero così al cardinal Schuster l’uso di un’altra chiesa della città. Anzi, chiesero di poter ritornare stabilmente nella loro antica chiesa, la chiesa di San Fedele che essi stessi avevano fatto edificare, nuova, in luogo della preesistente, a partire dal 1569, su progetto dell’architetto Pellegrino Tibaldi. La risposta si fece attendere, ma nel febbraio del 1945 il Cardinale offrì ai gesuiti la gestione della rivista fondata nel 1904 da monsignor Casati con lo scopo di fornire indicazioni morali sui libri ai lettori cattolici, la Rivista di Letture. I Padri interpretarono questa offerta come un sondaggio circa la loro buona volontà di collaborazione e accettarono.
Riccardo Bacchelli [Viaggio in Grecia, Ricciardi 1959]
A Padre Valentini,
onde veda che ho seguito il suo consiglio della sera in cui ci incontrammo a Napoli, di partenza, riguardo ai Bizantini, coi più cordiali e amichevoli saluti
Bacchelli, febbraio ‘59
Nel 1946, grazie a un gruppo di validi uomini di cultura riuniti attorno a Giuseppe Valentini, Cipriano Casella e Achille Colombo (a cui si affiancheranno, nel corso degli anni, i nomi dei padri Guido Sommavilla, Alessandro Scurani, Armando Guidetti, Giuseppe Brunetta, Gabriele Casolari, Gaetano Bisol) iniziò così la pubblicazione di Letture. La nuova versione “edita e compilata con rara sagacia dai p. Gesuiti” [2] si caratterizzò subito per una maggiore apertura e per l’offerta di un giudizio critico sui libri che tenesse conto anche dell’aspetto estetico. Fin dall’inizio la rivista pubblicò brevi segnalazioni di preziosi collaboratori. La Rassegna critica del libro era ricca di traduzioni di opere straniere, una novità, soprattutto con l’ossigeno culturale francese e il rilancio di grandi pensatori/narratori, come Leon Bloy, Paul Claudel, Charles Peguy e soprattutto François Mauriac e Georges Bernanos. Il periodico non accettava tutto a occhi chiusi, era aperto ma critico, secondo una metodologia filosofico-scolastica bene assimilata: Il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa, Il prete bello di Parise e Ragazzi di vita di Pasolini ebbero lodi e riserve.
Dal gennaio 1957 la rivista fece un passo avanti decisivo: nuova grafica, grande spazio a cinema e teatro, nuovi collaboratori. Una scelta questa che si dimostrò vincente, in particolare negli anni Sessanta, quando ci fu il boom dei cineforum, soprattutto nelle parrocchie, nei circoli cattolici e nei gruppi giovanili. Letture divenne dunque una fonte importante per la cultura cattolica e laica di due decenni. Ci furono stroncature come a Il Gattopardo perché rivolto al passato, ed esaltazioni come a La dolce vita di Fellini per la sua poetica denuncia.
Soprattutto, la rivista Letture contribuì a dare “un’impostazione nuova alla critica prevalentemente moralistica e sulla difensiva, […] finendo per modificare molti atteggiamenti della critica cattolica nei confronti del libro”. [3]
Nel 1994 il mensile, col passaggio ai Paolini, allarga le rubriche a Internet, alla tecnologia digitale, a rassegne dei successi culturali dei maggiori paesi del mondo, alla musica, a figure anche non cattoliche, ma ricche di arte e messaggi umani.
Dino Buzzati [Il crollo della Baliverna, Mondadori 1954]
A Don [!] Giuseppe Valentini,
un saluto cordiale da Dino Buzzati
maggio 1954
La “Biblioteca di Letture”
Fin dal suo inizio, la rivista Letture cominciò a raccogliere una sua biblioteca, che rimase negli anni distinta dalle altre quattro biblioteche presenti presso la residenza di San Fedele, segnatamente la “Biblioteca dei Padri Gesuiti”, cioè la biblioteca “di casa”, a disposizione dei residenti, la “Biblioteca del Centro culturale San Fedele” ( sito Web), la “Biblioteca di Aggiornamenti Sociali” e la “Biblioteca di Popoli e Missioni”, queste ultime due storiche riviste dei Padri Gesuiti in Milano.
L’accrescimento del fondo nel corso degli anni fu determinato anzitutto dall’invio di copie omaggio, con preghiera di recensione, da parte delle maggiori case editrici italiane: non fu sempre una pratica “automatica”, e anzi a volte essa fu determinata dai pressanti inviti dei padri recensori, attenti scrutatori delle nuove uscite editoriali (in particolare di quelle senza invio a Letture della tradizionale copia omaggio!). Ne danno testimonianza almeno 2 lettere:
– la prima, di Arnoldo Mondadori, reca la data 19 gennaio 1951, e giunge in risposta ad un lamento di p. Valentini per la parsimonia negli invii di libri a Letture da parte dell’editore milanese:
… a parte le abbiamo fatto inviare i libri ch’Ella ci ha richiesto. Non pensi che noi ci si sia dimenticati della Sua rivista: in questo ultimo periodo abbiamo adottato una politica piuttosto restrittiva in fatto d’invii d’ufficio. Ma non per Letture, naturalmente, alla cui cordiale collaborazione teniamo moltissimo.” [4];
– l’altra lettera, datata 13 aprile 1953, porta invece la firma di Leo Longanesi ed è una risposta, un po’ risentita, all’“accusa” di un redattore di Letture circa una qualche presunta faziosità nella distribuzione delle copie omaggio da parte della casa editrice Longanesi:
Caro Padre Valentini,
ho ricevuto la sua lettera del 2 aprile.
Temo che il Suo redattore capo si sia espresso ingiustamente nei confronti del servizio stampa della mia casa. […]. Escludo, comunque, che sistematicamente l’invio o meno dei libri alla Sua rivista avvenga con il criterio sospettato dal Suo Redattore Capo.
Con la presente le accompagno le novità pubblicate in questi giorni dalla mia casa.
Mi creda con viva simpatia
Suo Longanesi. [5]
Beninteso, i padri redattori di Letture furono molto più “prede” di quanto non fossero “cacciatori” di nuove uscite editoriali: un costante pressing da parte di autori ed editori per ottenere una benigna recensione (o una recensione tout court) su Letture costituisce uno dei leitmotiv costanti nella storia della rivista durante la gestione gesuita. Tra le tante, riportiamo a questo riguardo tre stralci di lettere, due “speculari” alle precedenti, mentre la terza, di Valentino Bompiani, è la “segnalazione” di un’opera pubblicata da Einaudi: autore Ottiero Ottieri, nipote di Bompiani.
Scrive Longanesi in data 18 dicembre 1952:
Caro Padre Valentini,
Le accompagniamo alcuni libri che spero meriteranno la Sua approvazione.
Molte librerie cattoliche ci richiedono qualche attestazione circa la bontà delle nostre edizioni per il pubblico dei lettori cattolici. So che in gran parte il mio catalogo merita l’avvallo dei più severi censori. Vorrebbe essere Lei il mio garante presso le valorose librerie cattoliche? [6]
La missiva di Mondadori, in data 6 agosto 1956, è del medesimo tenore:
Reverendo Padre,
ristampiamo in questi giorni, dopo quasi vent’anni, una delle più belle opere narrative a sfondo religioso cattolico che siano mai uscite: La morte viene per l’Arcivescovo, di Willa Cather, una “Medusa” pubblicata nel 1937.
[…] gliene faccio perciò inviare una copia, nella speranza, e diremo quasi certezza, che Lei vorrà ripresentarlo ai Suoi Lettori.
La ringraziamo fin d’ora, e le porgiamo i migliori e più cordiali saluti.
Arnoldo Mondadori Editore. [7]
La lettera di Valentino Bompiani è del 18 ottobre 1957:
Caro Padre Valentini,
mi permette di scriverle, una volta tanto, per un libro non pubblicato da me, ma da un altro editore? Non so se Lei abbia ricevuto Tempi stretti di Ottiero Ottieri. In caso negativo glielo farei subito mandare. Ottiero Ottieri è mio nipote, ma questo non c’entra, o per dire meglio, c’entra solamente per giustificare il mio intervento, che però il libro meriterebbe per le sue qualità. […] Per questo mi permetto di richiamare su di esso la Sua tanto valida attenzione. E la ringrazio sin d’ora, qualunque sia il giudizio che ne darà. Mi è grata l’occasione per inviarle i più rispettosi saluti. Valentino Bompiani. [8]
Seppur la maggior parte, non però tutti i libri giunsero con “preghiera di recensione”: in questa opera di accrescimento del fondo non va dimenticato infatti il paziente lavoro di ricerca e di acquisizione da parte dei padri di Letture anche di opere già pubblicate, magari da anni, ma indispensabili, nell’ottica della rivista e della biblioteca, per completare il posseduto relativo all’opera pubblicata (opera omnia, secondo le varie edizioni) degli autori (perlomeno di quelli a Letture più cari).
Nel corso degli anni confluiscono inoltre nella Biblioteca di Letture alcuni doni e lasciti personali, di poca entità, tra cui spiccano per frequenza quelli contraddistinti dalla firma di possesso di Antonietta e Giuseppina Giussani.
Interessante e da approfondire a questo riguardo la figura di Giuseppe Molteni – già allievo alla “scuola di giornalismo” di don Davide Albertario e valente articolista e critico letterario di tutta una serie di quotidiani e periodici cattolici, fra i quali ricordiamo L’Italia e Vita e Pensiero – il cui nome ricorre, in qualità di dedicatario, in una decina di pubblicazioni precedenti il 1946 (data di fondazione di Letture) entrate a far parte della biblioteca della rivista; è lecito così ipotizzare il lascito a Letture della propria biblioteca personale da parte di questo giornalista milanese.
Raffaele Calzini [Gelosie a Bruges, Mondadori 1942]
a Giuseppe Molteni
le poche pagine sante di questo libro offre il peccatore
RC, 4 ottobre 1942
Rimane infine da segnalare un nucleo, invero piuttosto esiguo, di volumi già appartenuti dapprima all’antica “Residentia Mediolanensis” in via Montebello, e poi, dal 1895, al neonato “Convitto Leone XIII”, in corso di Porta Nuova, n. 7. Ne fanno fede alcuni timbri, tra i più antichi della Biblioteca dell’Istituto Leone XIII. Col 1994 si può pertanto parlare, per questi volumi, di un “ritorno a casa”… [9]
Questo frontespizio illustra, nei suoi timbri (compreso quello sul verso: “Convitto Leone XIII”), il “periplo” milanese, nel corso di oltre 100 anni, di un nucleo originario di volumi, dal 1996 tornati nella loro sede originaria: la Biblioteca dell’Istituto Leone XIII in Milano. Si notino, in sequenza cronologica: il timbro della “Residentia Mediolanensis”, o Residenza di Via Montebello (1879-1895); il timbro del “Convitto Leone XIII” (1893-1895); il timbro del “Collegio Leone XIII” o “Collegium Mediolanense” (1895-); il timbro della “Biblioteca Letture” (retta dai Gesuiti dal 1946 al 1994); il timbro della “Biblioteca Istituto Leone XIII” (1895-)
Circa i criteri catalografici, essi prevedevano la stesura almeno della tradizionale scheda autori cartacea (di una eventuale scheda titoli non è rimasta traccia alcuna). La catalogazione era di tipo “minimo”. I criteri di collocazione erano invece fondamentalmente cronologici e di spazio, legati cioè alla data, o al periodo, di ingresso in biblioteca, e alla dimensione che presentavano i volumi; in alcuni casi si nota la cura nell’accorpare, o collocare in sequenza, opere diverse del medesimo autore o parti di collezioni editoriali. Lo schema di collocazione era pertanto così strutturato: sezione (presumibilmente una stanza o spazio fisico distinto) – scaffale – palchetto – volume.
Nel 1994, al momento del passaggio di consegne della rivista ai Paolini, la Biblioteca di Letture constava di oltre 30.000 volumi, che vennero divisi tra la Biblioteca dell’Istituto Leone XIII e la “neonata” Biblioteca della Fondazione Culturale San Fedele (la quale raggruppa in sé, oltre ad una parte della Biblioteca di Letture, le altre quattro biblioteche preesistenti di cui sopra). Alla Biblioteca del Leone XIII vennero cedute le opere più in linea con la sua impronta costitutiva letterario-umanistica, e cioè, fondamentalmente, le opere di narrativa italiana e straniera e il settore “teatro e musica”, mentre rimasero nella nuova Biblioteca di San Fedele le opere di carattere socio-antropologico e religioso.
Un esemplare di scheda bibliografica dal catalogo cartaceo della Biblioteca di “Letture”.
Il “Fondo Letture” presso la Biblioteca dell’Istituto Leone XIII
La consistenza del “Fondo Letture” presso la Biblioteca dell’Istituto Leone XIII è ad oggi di circa 20.000 volumi (di cui circa 7000 già presenti in ambiente SBN – Servizio Bibliotecario Nazionale). In massima parte si tratta di opere di letteratura italiana e straniera, qualche saggio sempre di carattere letterario o storico, una sezione di teatro (circa 1000 volumi). Predominano nettamente, come è intuibile per una biblioteca di rivista letteraria, le prime edizioni (addirittura è presumibile pensare che si tratti delle prime tra le copie stampate della tiratura). Buona rappresentanza viene data a volumi appartenenti a collezioni “storiche” degli editori italiani, tra cui ricordiamo almeno le seguenti: “I narratori”, “Universale economica”, “Le comete” di Feltrinelli; “La fronda”, “La gaja scienza”, “Il cammeo”, “I libri che scottano” di Longanesi; “I millenni”, “I coralli”, “Nuovi coralli”, “Saggi”, “Piccola Biblioteca Einaudi” di Einaudi; “Romanzi moderni Garzanti”, “Narratori moderni”, “La vespa rossa”, “La vespa blu” di Garzanti; “Biblioteca Adelphi”, “Piccola Biblioteca Adelphi”, “Fabula”, “Saggi” di Adelphi; “BUR”, “La scala” di Rizzoli; “Le scie”, “Nuovi scrittori stranieri” di Mondadori. A questa testimonianza della produzione editoriale italiana è stata dedicata un’apposita sala, denominata appunto “Sala delle collezioni italiane”. In generale, il periodo di cui si ha maggior rappresentanza è racchiudibile nei decenni 1950-1970, con una discreta, ma significativa, presenza di opere editate negli anni ’80; poche le opere dei primi anni ’90.
Il grande valore aggiunto di questo fondo risiede però nelle chiose autografe, quasi sempre a lapis, dei padri recensori; a volte vere e proprie pagine di appunti, materiali per l’imminente recensione del libro, altre brevi note illuminanti sul modus operandi dei padri recensori o sulle difficoltà lavorative degli stessi (si pensi ad esempio alla nota di n.r. – p. Achille Colombo? – presente sulla copia de Il capolavoro perduto, di Hilaire Belloc: “Per prezioso gentil favore, data la carestia di collaboratori. 20 pagine al dì, poca cosa”).
Parimenti abbiamo una buona presenza di dediche autografe (vedi lista in calce, a parziale rappresentanza tra i censiti) da parte dei vari autori ai padri di Letture: si tratta di documenti significativi per ricostruire la storia delle relazioni tra la rivista e il panorama editoriale italiano, in particolare sul versante degli autori.
Note manoscritte di un padre recensore (P. Valentini?) con l’attribuzione del caratteristico “codice” per i giudizi di “Letture” o, come riportava allora la rivista, la “Guida alla lettura e alla scelta dei libri” (si notano le sigle “C1”, equivalente al C* della rivista, che contraddistingueva opere <<per lettori adulti, cioè persone che abbiano raggiunto una sufficiente informazione e controllo circa le realtà della vita e del sesso>>; “C2”, o C** sulla rivista, <<per lettori maturi, cioè persone provvedute di formazione dottrinale e criterio critico>>; “C3”, o C***, <<per lettori che siano insieme adulti e maturi nel senso sopra indicato>>; S, cioè <<opera che pur non essendo accettabile dal punto di vista dottrinario e morale, presenta valori tali da poter essere accostata quando esista un serio motivo di studio>>; T, ovvero <<normalmente innocuo a tutti coloro che non sono più ragazzi>>).
Note
[1] Il presente capitoletto è stato ripreso, con poche rimodulazioni, dal sito di “Letture”.
[2] Diego Fabbri, in: “La Fiera Letteraria”, 26 feb. 1956.
[3] Alessandro Scurani, I ricordi di un superstite, San Fedele Edizioni, Milano 1995.
[4] Lettera di Arnoldo Mondadori a p. Valentini, già pubblicata, come per le seguenti, nella rubrica “Dall’archivio di Letture”, tenuta su “Letture” da p. Alessandro Scurani dal 1995 al 1998. Per la lettera in oggetto cfr. “Letture”, n. 535, mar. 1997, p. 73.
[5] Già pubbl. in “Letture”, n. 533, gen. 1997, p. 33.
[6] Ibid.
[7] cfr. nota 3.
[8] Già pubbl. in “Letture”, n. 534, feb. 1997, p. 75.
[9] La residenza di via Montebello, dove i Gesuiti – rientrati in Milano, più o meno clandestinamente, fin dal 1851 – si stabiliscono dal 1879 al 1895; qui, come ben dice p. Corrado Bressan (Bibliotecario all’Istituto Leone XIII dal 1957 al 1978) nella sua introduzione al catalogo del fondo antico, «certamente la biblioteca dovette assumere una qualche importanza, se anche nel Catalogus Provinciae Venetae del 1881 si trova indicato per la prima volta un Padre con l’ufficio di bibliotecario».
GLI AUTOGRAFI DI “LETTURE”